Articoli su quotidiani e periodici
Data: 22/10/2015
Replica "Diario dall'EXPO" - L'Unità, 30/09/2015
Nella rubrica “Diario dall’Expo” pubblicata su L’Unità del 30 settembre 2015 e ripresa nel sito www.mauriziomartina.it , Il Ministro Martina sostiene sia “interessante la proposta di creare corsi universitari specifici sull’agricoltura biologica e biodinamica”. Pur non essendo contrari o prevenuti su sistemi alternativi di conduzione, tanto che l’agricoltura biologica è materia di insegnamento nei corsi universitari, riteniamo valga la pena soffermarsi a ragionare sul metodo biodinamico, che pone qualche interrogativo circa la sua credibilità scientifica e reale efficacia.
Il metodo biodinamico è un sistema di coltivazione ideato da Rudolf Steiner (1861-1925, fondatore dell’antroposofia) all’inizio del secolo scorso, basato sull’idea per cui l’azienda agricola va considerata come un unico super-organismo, in cui la capacità produttiva dipende dal suo stato di salute, ossia dall’interazione fra il suolo, gli organismi che lo abitano, l’energia vitale che lo permea e le relazioni con l’ambiente circostante, con la Terra intera e infine con il cosmo dei pianeti e costellazioni. Nel metodo biodinamico l’agricoltore deve massimizzare tale energia nelle piante, nutrendole con preparati appositi, dinamizzati, ossia miscelati e diluiti, infine raccolti e distribuiti secondo un ben preciso rituale. Tutte le attività devono seguire un calendario opportuno disegnato in funzione dell’influenza della luna e dei pianeti.
La logica del metodo è quella della semplicità, del rispetto dell’ambiente, della sostenibilità e della creazione di un legame quasi spirituale (forse proprio spirituale) fra l’agricoltore e la sua terra. Niente da eccepire. Il problema si pone a nostro avviso, quando entriamo nel merito scientifico di un tale sistema. Prendiamo le seguenti definizioni dal sito ufficiale dell’agricoltura biodinamica (www.agricolturabiodinamica.it): “Il preparato 500 o cornoletame è il preparato principale. È stato elaborato da Rudolf Steiner personalmente e stimola e armonizza i processi di formazione dell’humus nel suolo. Gli elementi di partenza sono costituiti da letame freschissimo senza alcuna lettiera o fibra esterna e da corna di vacca che abbia figliato almeno una volta. Verso la fine di settembre-fine ottobre il letame freschissimo viene messo dentro le corna; queste vengono poi sotterrate in un luogo adatto. Intorno al periodo pasquale vengono dissotterrate. Il letame posto internamente alle corna è completamente trasformato in humus inodore, scuro, colloidale: l’esempio di humus allo stato puro. […] La sua distribuzione avviene dopo aver effettuato la fondamentale operazione di miscelazione e dinamizzazione con acqua tiepida di sorgente, pozzo o piovana”.
Da scienziati, agricoltori, o semplici cittadini dovremmo interrogarci sull’efficacia del metodo, chiederci se veramente abbia delle basi razionali e se sia opportuno inserirlo all’interno di Corsi Universitari, addirittura dedicati. Non stiamo discutendo le scelte di alcuni agricoltori: esistono aziende condotte con metodo biodinamico e se alcuni agricoltori lo adottano e ne sono contenti non c’è alcun problema. Ma su quali basi possiamo fondare degli insegnamenti universitari in Agricoltura Biodinamica, proponendone al contempo una più ampia adozione? Quali basi scientifiche hanno le azioni descritte poc’anzi? La risposta è: nessuna. Almeno finché qualcuno non dimostri con dati (scientificamente accettabili) che il letame conservato nel corno di vacca trovi in questo particolare contenitore il luogo ideale per trasformarlo in un prodotto migliore del suo omologo conservato a terra, che il corno di una vacca che abbia partorito sia particolarmente idoneo allo scopo (per qualche ragione scientifica legata alla gravidanza dell’animale), che la miscela con altri preparati analoghi generi un super-prodotto particolarmente nutritivo e benefico, soprattutto se molto diluito in acqua e distribuito in dosi omeopatiche sul terreno, ecc. Tutto questo non sembra proprio essere stato dimostrato, come è ad esempio discusso in quella che ci sembra la più esaustiva e recente analisi della letteratura scientifica al riguardo (Linda Chalker-Scott, 2013, Horttechnology 23:814-819). La lettura della voce Agricoltura biodinamica in Wikipedia può anche essere istruttiva al riguardo. La verità è che queste pratiche sono esoteriche, ignorano il metodo scientifico, sono basate su mistiche forze cosmiche e, ovviamente, non sono in grado di fornire risultati controllabili sperimentalmente.
Secoli di sviluppo scientifico nei campi dell’agronomia, della chimica, della genetica, della biologia e della meccanica ci hanno insegnato molto e fornito meravigliosi strumenti per gestire le nostre coltivazioni in modo efficiente e controllabile, avendo cura delle piante e del terreno in cui esse crescono. Il futuro ci chiede di fare di più, è vero, di avere sempre più riguardo per la sostenibilità delle produzioni e dell’ambiente, di nutrire una popolazione mondiale in rapida crescita numerica ed economica. Dobbiamo farlo però attraverso la scienza e la tecnologia, attraverso l’innovazione e il pensiero razionale. Il resto è magia: fino a prova contraria preferiremmo rimanesse fuori dalle università.
Fabio Fornara – Università degli Studi di Milano
Martin Kater - Università degli Studi di Milano
Stefania Masci - Università della Tuscia
Daniele Rosellini – Università di Perugia
Roberto Tuberosa – Università di Bologna
Alessandro Vitale – CNR, Milano