Proceedings of the XLVII Italian Society of Agricultural Genetics - SIGA Annual Congress

Verona, Italy - 24/27 September, 2003

ISBN 88-900622-4-X

 

Oral Communication Abstract - S2h

 

IL MIGLIORAMENTO GENETICO DELLE PIANTE DI INTERESSE AGRARIO PRESSO LE ISTITUZIONI PUBBLICHE DI RICERCA DOPO LA LEGGE 383/2001

 

C. FIDEGHELLI

 

Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, Via Fioranello 52, 00134 Roma

 

 

La legge n. 383 del 2001 ha radicalmente cambiato la legislazione precedente in materia di brevetti per quanto riguarda la posizione dei ricercatori pubblici nei confronti delle amministrazioni di appartenenza.

 

E’ noto che i brevetti vegetali sono assimilati ai brevetti industriali e, fino al 2001, erano disciplinati dal regio decreto n. 1127 del 29 giugno 1939 e, per quanto riguarda gli impiegati civili delle stato, dall’art. 34 del testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto discendente dal decreto del Presidente della Repubblica n. 3 del 10 gennaio 1957.

 

L’art. 23 del r.d. del 1939 stabiliva che i diritti derivanti dall’invenzione appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante all’inventore di essere riconosciuto autore, nei casi in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del rapporto di lavoro.

 

Anche quando non ricorreva questa condizione, la Pubblica Amministrazione aveva comunque il diritto di prelazione per l’acquisto del brevetto, dedotti i contributi che l’inventore aveva ricevuto per ottenere l’invenzione.

 

L’art. 34 dello statuto degli impiegati statali prevedeva la corresponsione di un equo premio all’inventore, proporzionato all’ importanza dell’innovazione.

 

La legge 383/01 cambia tutto e , all’art. 7, stabilisce che il ricercatore di una università o di una istituzione pubblica di ricerca “è titolare esclusivo dei diritti derivanti dall’invenzione brevettabile di cui è autore. In caso di più autori, i diritti derivanti dall’invenzione appartengono a tutti in parti uguali, salvo diversa pattuizione”.

 

L’inventore presenta la domanda di brevetto e ne dà comunicazione all’amministrazione che stabilisce l’importo massimo spettante alla stessa amministrazione di quanto è ricavabile dalla vendita del brevetto o del suo sfruttamento.

 

In ogni caso l’inventore ha diritto a non meno del 50% di proventi.

 

L’inventore ha tempo 5 anni dal brevetto per poterlo sfruttare, dopo di che l’università o la pubblica amministrazione acquisisce il diritto gratuito di sfruttamento dell’invenzione.

 

La legge ha l’evidente scopo di stimolare i ricercatori pubblici a trovare innovazioni brevettabili e che abbiano un impatto economico immediato sui vari comparti produttivi.

 

Se la legge può essere condivisa in questo obiettivo di dare maggior concretezza alla ricerca pubblica di quanto non avvenga normalmente, non fa più la distinzione esistente nella legge precedente tra le ricerche che hanno per obiettivo la creazione di innovazioni brevettabili e le ricerche che hanno obiettivi meno finalizzati.

 

Al primo caso appartiene l’attività di miglioramento genetico dei vegetali che ha come conseguenza obbligata la costituzione di nuove varietà che, come tali, sono brevettabili. Diverso è il caso del ricercatore che nel portare avanti i propri studi ha l’intuizione e la capacità di mettere a punto una innovazione applicabile ad un processo produttivo e sfruttabile economicamente.

 

In questo caso sembra giusto riconoscere al ricercatore una capacità in più rispetto alla semplice conduzione di una ricerca e farlo partecipe dei benefici economici che la sua innovazione ha portato, nel caso di attività di miglioramento genetico non riesco a capire come lo stato, dopo aver pagato stipendio e costi della ricerca, possa rinunciare alla gestione dell’ innovazione mettendo il ricercatore pubblico in una posizione di grande vantaggio rispetto ai “breeder” privati che devono rischiare in proprio.

 

Una indagine condotta in tutti i più importanti paesi frutticoli del mondo ha evidenziato come la situazione italiana sia assolutamente unica: nei casi più favorevoli al ricercatore, la pubblica amministrazione riconosce il diritto alla partecipazione agli utili provenienti dall’innovazione (variabile dal 10 al 30-35%) ma mai rinuncia alla titolarità del brevetto.